Efuture's World

4 dicembre 2025

Oggi l’interazione tra essere umano e macchina sembra arrivata a livelli impressionanti. Basta un “Alexa imposta un timer da 10 minuti” o un “Siri portami alla gelateria più vicina” o ancora un “Ciao Perplexity, crea un itinerario di viaggio di 5 giorni a Tokyo” per delegare all’Intelligenza Artificiale compiti semplici e complessi.

Questa innovazione sembra talmente surreale da spingerci a credere che sia un’invenzione recente. Ma non è così.

Il primo chatbot della storia risale al 1966.

Siamo al MIT negli anni ‘60. L’informatico e professore Joseph Weizenbaum, affascinato dalla possibilità dei computer di simulare il linguaggio umano, sviluppa un programma capace di dialogare con le persone in modo molto naturale, tanto da sembrare quasi umano.

Nasce Eliza: il primo chatbot della storia.

Eliza risponde con il pattern matching.

Il fatto curioso è che Eliza non comprende davvero il linguaggio, ma utilizza il pattern matching, una tecnica basata sul riconoscimento degli schemi.

In altre parole, questo programma può: 

  • analizzare un testo e individuare una parola chiave; 
  • utilizzare quella parola chiave per rispondere con una frase predefinita; 
  • rispondere con delle domande generiche, se non trovava una parola chiave; 
  • prolungare una conversazione attraverso delle domande aperte. 
DOCTOR: lo script vincente.

Uno degli script più famoso è DOCTOR, sviluppato per imitare un terapeuta rogeriano. Questo tipo di psicoterapia, teorizzata dallo psicologo Carl Rogers, si sposa bene con il funzionamento di Eliza perché si basa sul fare domande aperte e riflettere ciò che dice il paziente, senza fornire consigli diretti. 

Questo script funziona particolarmente bene perché sfrutta le capacità di Eliza. Molte persone, infatti, credono che il programma sia davvero in grado di capirle e sviluppano una connessione emotiva con il chatbot: il professor Weizenbaum lo chiama “Effetto Eliza”.

Cos’è rimasto di Eliza?

Nel corso degli anni questi programmi si sono evoluti fino ad arrivare ai giorni nostri con Alexa, ChatGPT, Google Assistant e non solo. Questi moderni chatbot sono più sofisticati perché utilizzano reti neurali e un’intelligenza artificiale basata sull’apprendimento automatico, ma l’idea alla base è la stessa utilizzata per progettare Eliza.